La recente istituzione a Milano del Registro delle cessioni dei diritti edificatori porta alla ribalta la possibilità, per i cittadini, di scambiarsi volumetrie edificabili da una zona all’altra dei centri abitati, il tutto nel rispetto della legge e con contratti di diritto privato opponibili alle Amministrazioni comunali. Vediamo di che si tratta e come funziona questo nuovo “mercato”.
Con una delibera di giunta del maggio scorso [1] il Comune di Milano, per la prima volta in Italia, ha istituito un apposito Registro dei diritti edificatori. Si tratta di un elenco nel quale vengono riportati tutti gli atti di trasferimento fatti da privati cittadini per scambiarsi e più in genere trasferire il diritto a edificare in una determinata zona urbanistica o ad ampliare le cubature esistenti, ossia i volumi di densità edilizia previsti dai diversi piani regolatori.
La possibilità di costruire su un terreno è facoltà concessa al privato proprietario dell’area dalla Pubblica Amministrazione attraverso apposito provvedimento (il permesso di costruire o altro provvedimento previsto dalla legge) sulla base della destinazione prevista dallo specifico piano regolatore o altro strumento urbanistico di pianificazione territoriale.
Tuttavia, già un paio di anni fa, il Governo ha previsto [2] che ogni cittadino possa trasferire tutta o parte della capacità edificatoria di un terreno creando quindi un potenziale mercato dei diritti edificatori, ossia delle possibilità, previste dagli strumenti urbanistici vigenti, di costruire o aumentare la cubatura, cioè l’ampiezza volumetrica o la densità edilizia, nelle aree di proprietà dei privati.
Gli atti di trasferimento così astrattamente congegnati devono essere conclusi per iscritto e avere forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata così da poter essere trascritti a cura del Notaio rogante nei Pubblici Registri Immobiliari.
Finora tuttavia mancava ancora lo strumento mediante il quale rendere noto alla Pubblica Amministrazione lo scambio dei diritti edificatori eventualmente concluso tra i privati in maniera tale da monitorare costantemente, all’interno del singolo comune, l’andamento del mercato immobiliare anche sotto questo specifico profilo.
L’attuazione di questo registro consente di realizzare appieno la cosiddetta perequazione urbanistica, cioè una ripartizione equa dei vantaggi e degli svantaggi derivanti dalla pianificazione territoriale. È noto infatti che la distribuzione dell’indice di edificabilità (un rapporto tra un volume e una superficie) nelle zone in cui viene ripartito il territorio comunale non è mai omogenea, pertanto vi possono essere delle differenze anche notevoli da un’area all’altra a causa di previsioni specifiche del piano regolatore. Così, mentre può essere interesse di un privato acquistare maggiore capacità edificatoria per ingrandire un insediamento edilizio in costruzione su un suo terreno, un altro potrebbe puntare invece a monetizzare la vendita della capacità edificatoria contenuta nel proprio suolo, ma inespressa a causa di veti del Comune, per realizzare col ricavato altri investimenti immobiliari. Il trasferimento dei diritti edificatori dal secondo al primo consente a entrambi di realizzare i propri interessi nel rispetto delle previsioni urbanistiche dell’amministrazione locale.
Il funzionamento del mercato dei diritti edificatori, tuttavia, è rimesso all’iniziativa delle autonomie locali che hanno il potere di decidere l’indice di fabbricabilità delle proprie aree e come distribuirlo all’interno di esse. Ogni Comune, ad esempio, può stabilire che i diritti edificatori circolino solo all’interno di un singolo comparto edilizio, assicurando perciò un’equa ripartizione dei diritti e degli oneri tra i proprietari delle singole aree incluse nel perimetro. Diversamente, si può stabilire che i diritti edificatori passino solo da una specifica area ad un’altra precisamente individuata: spesso ciò accade perché il Comune impone un vincolo sull’area “di partenza” volto alla realizzazione di opere pubbliche e tale da rendere inutilizzabili i diritti edificatori su di essa presenti invogliando quindi il privato al trasferimento di essi per poter così acquisire l’area di quest’ultimo e costruirvi le opere anzidette. Per ultimo è possibile non predeterminare a priori le aree destinate a raccogliere i diritti edificatori e lasciare perciò a ciascun privato la possibilità di diventare protagonista di transazioni nel rispetto degli indici di fabbricabilità previsti.