Come funziona un condominio: le regole sul funzionamento dell’assemblea, i poteri dell’amministratore, i diritti e i doveri dei condomini.
Sei diventato recentemente un condomino e ti trovi di fronte alla complessità delle norme che regolano la vita all’interno del tuo palazzo? Navigare tra le acque delle regole condominiali può sembrare un viaggio complicato, specialmente per chi non ha mai dovuto affrontare tali questioni. In effetti, il quadro normativo che disciplina i condomini è piuttosto articolato e viene ulteriormente specificato dai regolamenti interni di ogni edificio.
In questo articolo, il nostro obiettivo è di delineare un quadro chiaro e sintetico delle principali regole condominiali che ogni abitante di un edificio in condominio deve conoscere e seguire. Dalla convocazione delle assemblee alla ripartizione delle spese, ci sono norme precise stabilite dal codice civile che regolano ogni aspetto della vita condominiale e che hanno ricevuto importanti aggiornamenti con la riforma del 2012.
Molte di queste disposizioni hanno una forza tale da non poter essere modificate neanche con una decisione a maggioranza durante l’assemblea condominiale. Ad esempio, i criteri di ripartizione delle spese, che possono essere modificati solo con il consenso unanime dei condomini, o le modalità di convocazione dell’assemblea, che richiedono metodi di comunicazione ben precisi per essere valide.
Nella nostra guida affronteremo i fondamenti legali che strutturano i rapporti interni del condominio, esaminando le procedure standard che devono essere seguite per la gestione delle parti comuni e la risoluzione dei dissensi che possono sorgere tra i residenti.
Continua a leggere per scoprire come le regole condominiali influenzano la tua esperienza di vita in condominio e come puoi navigare al meglio queste normative per una convivenza armonica e conforme alle disposizioni vigenti.
Come funziona un condominio?
Un condominio è un edificio che contiene più abitazioni di proprietà di diverse persone. Per esempio, se in una casa ci sono due appartamenti e ognuno appartiene a un proprietario diverso, ecco che si ha un condominio, anche se è piccolo (si parla in questo caso di “condominio minimo”).
Il condominio quindi si forma non appena il proprietario unico dell’intero edificio (ad esempio il costruttore) vende anche un solo appartamento. Si pensi anche al caso del padre che lascia la villetta, prima interamente sua, ai due figli, attribuendo al primo il piano terra e al secondo quello superiore.
Non c’è bisogno di un atto formale di costituzione del condominio. La sua nascita è spontanea e, come detto, deriva dal semplice fatto che in un palazzo ci sono almeno due proprietari diversi.
Regole su amministratore e regolamento di condominio
Se ci sono almeno nove condomini, è necessario avere un amministratore che si occupi della gestione del condominio. Nulla toglie che l’assemblea possa nominare un amministratore anche in presenza di otto condomini o meno.
Se i proprietari sono almeno 11, è obbligatorio deliberare un regolamento di condominio che fissi le regole e l’uso delle parti comuni. Anche in questo caso è possibile dotarsi di un regolamento benché i condomini siano 10 o meno.
Regole sulle parti comuni
L’articolo 1117 del codice civile elenca quali sono le parti comuni del condominio, quelle cioè che appartengono a tutti i condomini, in proporzione ai rispettivi millesimi. Si tratta di una elencazione esemplificativa: nulla toglie quindi che alcune di queste parti risultino essere di proprietà esclusiva (succede spesso col sottotetto o con il lastrico solare) o che vi siano ulteriori parti comuni.
Tipiche parti comuni sono: le scale, i pianerottoli, l’androne, il tetto, il lastrico solare o la terrazza, le fondamenta, il giardino e il cortile, le facciate perimetrali, le tubature comuni e tutti gli altri impianti come il riscaldamento e l’ascensore. Sono parti comuni anche gli elementi ornamentali dei balconi.
Ciascun condomino può usare le parti condominiali come se fossero proprie (del resto lo sono in quota parte). Ad esempio ha diritto ad accedere alla terrazza (lastrico solare) se non è di proprietà esclusiva e a riporvi propri oggetti, a usare le aree verdi per piantare fiori e spezie, ad aprire un muro sulla facciata del condominio per ricavarne una finestra o una porta di accesso al proprio negozio a condizione che non deturpi l’estetica del fabbricato.
Per utilizzare le parti comuni ci sono alcune regole da rispettare:
- non puoi usarle in modo che gli altri non possano fare altrettanto: quindi non puoi occupare tutto lo spazio;
- devi usarle secondo la loro destinazione e non per usi diversi dalla funzione che è propria di tale area (ad esempio niente biciclette nell’androne).
Regole sull’uso degli appartamenti
Le parti di proprietà esclusiva sono invece quelle di cui ogni proprietario può fare ciò che vuole: si tratta quindi dei singoli appartamenti. Il regolamento di condominio può imporre dei limiti all’uso delle proprietà individuali (ad esempio il divieto di modifica della destinazione d’uso, di frazionamento, di locazione a studenti, di realizzazione di opere esterne come verande o tettoie, ecc.). Tuttavia, affinché tali limiti siano validi è necessario che il regolamento sia di tipo “contrattuale” ossia approvato all’unanimità da tutti i condomini. Il che può avvenire o con votazione in assemblea o con allegazione del regolamento ai singoli atti di compravendita.
In ogni caso le clausole che dovessero introdurre restrizioni all’uso delle parti comuni o di quelle di proprietà esclusiva devono essere enunciate chiaramente e in modo esplicito, e accettate o approvate dagli interessati. Non sono quindi valide le disposizioni espresse con formulazione del tutto generica. Né sono possibili interpretazioni analogiche a fattispecie non previste (ad esempio, dal divieto di adibire gli appartamenti a b&b non si può evincere anche il divieto di svolgere l’attività di affittacamere).
Divieti e limitazioni sulle parti comuni o su quelle di proprietà esclusiva possono essere inseriti anche in un regolamento assembleare, ma devono essere approvati all’unanimità.
I vincoli in questione hanno poi validità anche per i successivi acquirenti a patto che essi siano annotati nei registri immobiliari o il regolamento sia allegato al rogito di acquisto dell’immobile.
Se vuoi fare dei lavori nel tuo appartamento (per esempio, abbattere un muro o aprire una nuova finestra) devi:
- informare l’amministratore prima di iniziare;
- fare attenzione a non rovinare l’aspetto dell’edificio (il cosiddetto “decoro architettonico” che non è l’estetica ma la coerenza delle linee dell’edificio);
- assicurarti che il lavoro non danneggi la struttura dell’edificio (a tal fine sarà meglio presentare un progetto in assemblea).
Per esemplificare, immagina di voler unire due appartamenti togliendo un muro. Prima di procedere, avvisi l’amministratore, ti assicuri che l’esterno dell’edificio rimanga bello e che l’edificio stesso resti solido e sicuro.
Regole condominiali: chi le stabilisce?
Le regole condominiali hanno due fonti. Innanzitutto c’è il codice civile che fissa tutte le principali regole da rispettare: la nascita del condominio (ci vogliono almeno due condomini), la nomina di un amministratore (obbligatoria da 9 condomini), la formazione del regolamento condominiale (obbligatoria con almeno 11 condomini), i poteri dell’amministratore, i criteri di ripartizione delle spese comuni, il recupero delle spese dai morosi, le votazioni in assemblea e le relative maggioranze, l’uso dei servizi comuni, ecc.
Poi c’è il regolamento di condominio che, in alcuni casi, va ad integrare il codice civile e in altri lo può anche derogare (ad esempio il regolamento può prevedere dei diversi criteri di ripartizione delle spese tra i vari proprietari).
Nel regolamento sono poi indicati i millesimi di ciascun appartamento: è questa la misura sulla base della quale vengono poi divisi gli oneri della gestione ordinaria e straordinaria.
Il regolamento di condominio può essere di due tipi:
- contrattuale: è predisposto dal costruttore e allegato agli atti di acquisto, oppure approvato all’unanimità dai condomini;
- assembleare: è approvato dalla maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000, anche in seconda convocazione.
I condomini hanno l’obbligo di conoscere sia la legge che il regolamento e non possono invocare, a loro beneficio, l’ignoranza.
Chi acquista casa con un regolamento già approvato dal venditore deve rispettarne tutte le clausole come se lo avesse accettato in prima persona. Quando però il regolamento contiene vincoli all’uso dell’appartamento (ad esempio il divieto di stendere panni dal balcone o di adibire l’appartamento a determinate attività), tali clausole sono efficaci nei confronti dell’acquirente solo se il regolamento:
- è stato originariamente approvato all’unanimità;
- è stato trascritto nei pubblici registri immobiliari (dimodoché se ne possa prendere preventiva visione) oppure allegato o semplicemente richiamato nel rogito di acquisto della casa.
Non è invece necessario che il rogito faccia menzione espressa delle singole clausole.
Obblighi di inquilini in affitto
Anche chi prende in affitto un appartamento deve conoscere tutte le clausole del regolamento. Per le eventuali violazioni ne risponde in prima persona. L’amministratore ad esempio potrebbe agire contro l’affittuario che non rispetta i turni del parcheggio, che sporca, che fa rumore oltre gli orari consentiti dal regolamento, che usa l’immobile per finalità vietate dal regolamento.
Il locatore, dal canto suo, ha l’obbligo di far cessare tali molestie, eventualmente procedendo allo sfratto dell’inquilino molesto. Diversamente risponde insieme a quest’ultimo delle sue violazioni.
Il silenzio in condominio
Innanzitutto viene il rispetto, che non è solo una questione giuridica ma anche di buona educazione. Questo significa che ciascun condomino non può provocare “rumori intollerabili”. Non ci sono orari prefissati oltre i quali è d’obbligo il silenzio salvo che il regolamento disponga diversamente. Bisogna quindi basarsi sulle abitudini dell’uomo medio e valutare se la molestia acustica è tale, per intensità, ripetizione e orario in cui viene effettuata, da recare danni agli altri.
L’articolo 844 del codice civile afferma che i rumori illeciti sono quelli “superiori alla normale tollerabilità”. Questo parametro generico viene concretamente interpretato dal giudice sulla scorta di una serie di elementi come la collocazione geografica dell’immobile (in una zona residenziale è richiesto maggior silenzio rispetto al centro urbano già interessati da numerosi rumori provenienti dalla strada); l’orario in cui il rumore viene prodotto; la durata e l’intensità del rumore; la necessità del rumore (per quanto insopportabili, i rumori della ditta di ristrutturazione devono essere tollerati se vengono svolti negli orari di lavoro).
Se il rumore molesta solo pochi condomini si ha un semplice illecito civile a fronte del quale esigere l’interdizione della condotta e il risarcimento (a patto di dimostrare il danno). Se il rumore molesta tutto il condominio e/o i condomini dei palazzi circostanti si ha il reato di disturbo della quiete pubblica, con conseguente condanna penale. È tuttavia necessaria la querela di parte.
Il rispetto della privacy
Ciascun condomino ha sempre diritto a sapere chi non paga gli oneri e può imporre all’amministratore di mostrargli o fargli estrarre copia delle fatture, dei bilanci e di tutti gli altri documenti della gestione. Ma l’elenco non può essere esposto in pubblico.
L’amministratore deve rivelare i nomi dei morosi in assemblea se gli viene chiesto, ma non può farlo se vi partecipano estranei.
Regole sulla videosorveglianza
Parliamo allora di videosorveglianza. È vietato, ad esempio, puntare la telecamera di videosorveglianza sulle parti comuni dell’edificio (come il pianerottolo) in modo da controllare il passaggio dei vicini o dei loro ospiti. Gli obiettivi vanno puntati in direzione del proprio zerbino o, comunque, sul pavimento. In ogni caso ciascun condomino può munirsi di una videosorveglianza privata, fissandola sul pianerottolo o sulla porta di casa, senza dover né chiedere l’autorizzazione all’assemblea, né apporre cartelli di avviso.
Invece, la videosorveglianza condominiale richiede la votazione dell’assemblea a maggioranza dei presenti che rappresentino 500 millesimi, con l’apposizione di un cartello di avviso in bella vista.
Il pagamento delle spese condominiali
Ogni mese, i proprietari di un condominio devono pagare delle quote ordinarie per la sua gestione quotidiana. Queste quote sono stabilite dall’amministratore e approvate dai proprietari durante l’incontro annuale. A volte, queste quote possono essere richieste anche senza un accordo formale dell’assemblea dei proprietari.
Quando il condominio necessita di lavori straordinari, come la riparazione del tetto, l’assemblea deve prima dare il suo consenso. Dopo aver scelto l’azienda che farà i lavori e approvato il costo, i proprietari creano un fondo speciale per raccogliere i soldi necessari per pagare i lavori man mano che procedono, evitando così che qualcuno non paghi la sua parte. La mancata costituzione del fondo speciale determina l’invalidità della delibera di approvazione dei lavori e l’impossibilità di procedere alla riscossione delle quote.
Se qualcuno non paga le sue quote, può ricevere un ordine dal giudice che lo obbliga a pagare immediatamente (il cosiddetto decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo) con il diritto di fare opposizione entro 40 giorni. Se non si paga neanche davanti al decreto ingiuntivo scatta il pignoramento dei beni, compresa la stessa casa.
Se l’opposizione al decreto si fonda sulla contestazione della decisione presa durante l’assemblea dei proprietari, devi aver presentato ricorso contro quella decisione entro 30 giorni dalla sua approvazione (se non eri presente o non eri d’accordo) o dalla data in cui ti è stato comunicato il verbale dell’incontro (se non eri presente). Diversamente non puoi presentare opposizione al decreto ingiuntivo, a meno che non si tratti di un vizio particolarmente grave che determini la nullità della delibera (ad esempio l’aver deciso su questioni per cui l’assemblea non è competente).
In casi di emergenza, come una perdita d’acqua che potrebbe danneggiare l’edificio, l’amministratore o un proprietario possono decidere di fare subito i lavori senza aspettare il permesso dell’assemblea. Se i lavori sono davvero urgenti, poi chiederanno di essere rimborsati. Se però i lavori non erano così urgenti, non avranno diritto al rimborso.
La divisione delle spese condominiali
In materia di divisione delle spese, tutti i condomini devono partecipare secondo i propri millesimi. Questa regola può essere modificata solo all’unanimità. La delibera che modifica il criterio di ripartizione millesimale della spesa ma lo fa solo per il passato o per una singola annualità (ad esempio esonerando un condomino dal contribuire alle spese o riducendo la sua quota) è annullabile e quindi deve essere impugnata entro 30 giorni. Pertanto, chi non si oppone alla delibera non può poi presentare ricorso contro il decreto ingiuntivo che richiede il pagamento degli oneri.
Invece la delibera che modifica definitivamente i criteri di ripartizione, quindi anche per il futuro, derogando alla regola dei millesimi, è nulla e quindi può essere contestata in qualsiasi momento, anche dopo diversi anni.
La regola della partecipazione alle spese comuni secondo millesimi va corretta quando vi sono dei beni o servizi di cui alcuni condomini fanno un uso più intenso (ad esempio le scale per chi vive ai piani alti o il riscaldamento per chi ha la casa più grande). In tal caso la ripartizione deve tenere conto di tale differenza di utilizzo. Ecco perché spesso vengono previste tabelle millesimali ulteriori, riferite cioè a specifici beni.
Se poi l’edificio è composto da più scale, tetti o edifici, ciascun condomino partecipa solo alle spese relative alla parte del condominio che lo riguarda. Ad esempio, i condomini della scala A non devono pagare le spese per l’ascensore della scala B; i condomini del fabbricato 2 non devono pagare il rifacimento del tetto del fabbricato 3.
Nella ripartizione delle spese non conta l’uso effettivo ma quello potenziale. Il che significa che anche i negozianti devono contribuire alle spese dell’ascensore o del lastrico solare. Tuttavia quando ci sono alcune parti del condominio suscettibili di essere utilizzate solo da alcuni condomini (si pensi alle scale o al tetto di un condominio costituito da due diversi corpi di fabbrica), le spese ricadono solo sui condomini che si avvantaggiano di esso.
Acqua comune
Ogni condomino ha diritto a ricevere un’adeguata fornitura di acqua potabile.
Le spese dell’acqua sono ripartite secondo millesimi. Solo se tutti gli appartamenti sono dotati di contatori individuali è possibile procedere secondo consumi. Ulteriori regole possono essere decise solo all’unanimità.
Riscaldamento autonomo
Ogni condomino ha diritto a staccarsi dall’impianto centralizzato in qualsiasi momento voglia e sempre che da tale intervento non ne derivino maggiori oneri per gli altri proprietari o disfunzioni all’impianto comune. In tal caso non pagherà più le spese dei consumi ma solo quelle sulla manutenzione straordinaria (visto che l’impianto comune è ancora in parte suo e può decidere in qualsiasi momento di riallacciarsi) e quelle per la dispersione del calore (i cosiddetti consumi involontari).
Animali in casa
Il regolamento di condominio non può impedire ai condomini di detenere animali domestici negli appartamenti. Può però impedire di portarli in ascensore.
Solo un regolamento approvato all’unanimità può escludere la detenzione di animali in casa.
La regola riguarda solo gli animali domestici. Sarebbe quindi legittima la clausola che impedisca di detenere animali esotici.
Debiti del condominio
Se il condominio non paga i propri fornitori, questi possono agire con un pignoramento nei confronti del conto corrente del condominio oppure contro i singoli proprietari degli appartamenti. In questa seconda ipotesi però bisogna prima avviare gli atti esecutivi contro i morosi, coloro che non hanno cioè pagato le quote in relazione alla specifica spesa cui si riferisce la fattura insoluta. L’elenco di tali soggetti deve essere fornito al creditore dall’amministratore. Solo se il creditore non riesce a recuperare gli importi dai morosi può agire contro gli altri condomini, ma pur sempre chiedendo a ciascuno di questi un importo non superiore alla sua quota millesimale.
Incarico all’amministratore: durata e revoca
L’amministratore di un condominio dura in carica solo un anno. Il mandato si rinnova in automatico solo dopo la prima scadenza. Altrimenti è necessaria una convocazione per il rinnovo del mandato o per la sua sostituzione.
I condomini possono decidere di cambiare amministratore prima della fine dell’anno. Per farlo, è necessaria la maggioranza dei presenti e almeno 500 millesimi.
Se però non ci sono motivi validi, bisogna pagare all’amministratore il compenso che avrebbe ricevuto fino a quando sarebbe dovuto restare in carica.
Se invece l’amministratore non fa bene il suo lavoro, come dimenticarsi di presentare il conto alla fine dell’anno o non convocare l’assemblea almeno una volta all’anno, la revoca può avvenire senza bisogno di risarcimento. Se i proprietari non si trovano d’accordo, anche un solo condomino può chiedere al giudice di rimuovere l’amministratore.
Quali sono i compiti dell’amministratore?
L’amministratore è l’organo esecutivo della volontà che i condomini esprimono in assemblea. In particolare, egli deve:
- eseguire le deliberazioni dell’assemblea e curare l’osservanza del regolamento di condominio;
- disciplinare l’uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell’interesse comune;
- richiedere ai condomini, anche giudizialmente se occorre, le somme deliberate dall’assemblea e depositarle su apposito conto corrente intestato al condominio (mai all’amministratore (Trib. Milano 09/09/91);
- provvedere alle spese necessarie per la manutenzione delle parti comuni e per l’erogazione dei servizi comuni;
- assumere tutte le opportune iniziative giudiziarie per garantire il pacifico uso delle parti comuni;
- provvedere alla convocazione dell’assemblea almeno una volta all’anno, oppure su richiesta dei condomini;
- organizzare il lavoro di eventuali dipendenti del condominio e controllare che sia svolto con la necessaria diligenza;
- firmare i contratti con i fornitori per conto del condominio, secondo quanto deciso dall’assemblea;
- rendere il conto del proprio operato alla fine di ogni gestione e redigere il rendiconto consuntivo.
Che fare contro un amministratore inerte?
Se l’amministratore, ripetutamente sollecitato dai condomini o anche da uno solo, non si attiva per la riparazione di una cosa comune, cosa si può fare?
In tali casi non ci si può rivolgere direttamente al giudice, ma si deve prima provocare la convocazione dell’assemblea. Se l’assemblea non viene convocata o non riesce ad esprimere una volontà maggioritaria, o se la delibera rimane ineseguita, ci si potrà rivolgere al giudice non in sede contenziosa, ma di volontaria giurisdizione (art. 1105 c.c.), rimanendo la delibera dell’assemblea impugnabile in sede contenziosa solo se risulti lesiva dei diritti individuali dei condomini dissenzienti o sia stata adottata in violazione della legge o del regolamento condominiale (Cass. 7613/97).
Può il costruttore dell’edificio nominare l’amministratore?
La nomina dell’Amministratore è (a norma dell’art. 1129 c.c.) di esclusiva pertinenza dell’Assemblea quando i condomini sono più di quattro e non può essere riservata a singoli condomini o al costruttore dell’edificio. Se i condomini non provvedono alla nomina, si può chiedere l’intervento dell’Autorità Giudiziaria, che provvede alla designazione.
Pertanto, la clausola con la quale la ditta costruttrice e venditrice dell’immobile o soltanto alcuni condomini si riservino il diritto di nomina del primo amministratore è stata ritenuta nulla (Cass. 2246/61). Un simile patto è ritenuto sin dall’inizio privo di effetti se i condomini erano originariamente più di quattro. Altrimenti, diviene comunque inefficacie nel preciso momento in cui i condomini raggiungono il numero di cinque o più. In ipotesi del genere quindi il condominio non è tenuto a pagare all’amministratore il suo compenso.
Il compenso dell’amministratore
L’amministratore deve rendere noto subito il suo compenso, prima del voto di nomina da parte dell’assemblea. Diversamente la delibera è nulla e questi non può pretendere alcun compenso a fine mandato.
L’amministratore che abbia svolto una serie rilevante di incombenze amministrative estranee alla gestione corrente non ha diritto ad un compenso ulteriore per tali attività di natura straordinaria se non lo aveva esplicitato nel preventivo sottoposto all’assemblea.
Come tutelarsi se l’amministratore presenta un rendiconto falso?
Il rendiconto deve enumerare le somme percepite dall’amministratore (le voci di entrata, cioè le quote dei singoli condomini), la causale e la quantità delle spese fatte, accompagnate dai corrispondenti documenti giustificativi, in modo da rendere intellegibile all’assemblea l’andamento della gestione.
Ne deriva che, se il rendiconto presentato in assemblea non corrisponde allo scopo, l’approvazione assembleare si forma in maniera viziata, con la conseguente possibilità di azione giudiziaria entro trenta giorni ex art. 1137 c.c. Ricorrendone gli estremi, la condotta può integrare altresì il reato di truffa.
L’amministratore è gestore dei fondi a lui consegnati dai condòmini per destinarli obbligatoriamente e secondo diligenza al pagamento delle spese sostenute per i servizi comuni.
Ne discende che quel denaro di cui ha il possesso non è di sua proprietà e quindi non può destinarlo ad altri scopi con danno degli amministrati. La violazione del dovere giuridico realizza altresì l’aggravante di cui all’art. 61 n. 11 c.p. conseguente all’abuso del rapporto giuridico professionale ed al tradimento della fiducia riposta nell’amministratore dai condomini (Trib. Firenze, 30/03/01).
Contratti conclusi dall’amministratore senza autorizzazione
Può l’amministratore concludere contratti, per conto del condominio, pur in assenza di una specifica delibera assembleare?
I contratti conclusi dall’amministrazione nell’esercizio delle sue funzioni ed inerenti alla manutenzione ordinaria del condominio o all’uso normale delle cose comuni sono vincolanti per tutti i condomini (ex art. 1131 c.c.). Quando invece si tratti di lavori che, seppure diretti alla migliore utilizzazione di cose comuni od imposti da una nuova normativa, comportino un onere di spesa superiore rispetto a quello normalmente inerente alla manutenzione ordinaria dell’edificio, l’iniziativa dell’amministratore senza la preventiva deliberazione della assemblea è consentita solo se tali lavori rivestano un oggettivo carattere di urgenza (circostanza, questa, che deve essere provata dall’amministratore), e sempre che l’amministratore ne informi l’assemblea alla prima riunione utile. Difettando tale presupposto le iniziative assunte dall’amministratore stesso, anche se successivamente ratificate dall’assemblea, non obbligano i condomini nei confronti dei terzi, ma solo l’amministratore (Cass. 4232/87).
Convocazione dell’assemblea
L’amministratore deve convocare l’assemblea almeno una volta all’anno. Se non lo fa è responsabile personalmente e può essere revocato dall’assemblea o, in mancanza di maggioranza, dal giudice su richiesta anche di un solo condomino.
L’amministratore deve convocare l’assemblea anche quando gliene facciano richiesta almeno due i condomini che rappresentino un sesto dei millesimi dell’edificio. Ricevuta la richiesta dei condomini, l’amministratore è obbligato a convocare l’assemblea.
L’avviso di convocazione va inviato con raccomandata a.r., pec, telegramma o lettera consegnata a mani. Sono illegittime le convocazioni, anche se autorizzate dall’assemblea, con lettera semplice recapitata in cassetta, email ordinaria, avviso affisso sull’androne.
L’avviso di convocazione deve pervenire entro cinque giorni dalla data della prima convocazione.
L’avviso di convocazione dell’assemblea di condominio non è soggetto a particolari formalità; tuttavia ne costituiscono elementi essenziali: il giorno, l’ora, il luogo e l’ordine del giorno.
Affinché la delibera di un’assemblea condominiale sia valida è necessario che l’avviso di convocazione elenchi specificamente, sia pure in modo non analitico e minuzioso, gli argomenti da trattare, sì da far comprendere i termini essenziali di essi e consentire agli aventi diritto le conseguenti determinazioni, anche relativamente alla partecipazione alla deliberazione (Cass. 3634/00; 13763/04).
L’eventuale incompletezza dell’ordine del giorno contenuto nell’atto di convocazione dell’assemblea non determina la nullità assoluta, bensì la semplice annullabilità della relativa delibera, con la conseguenza che questa sarà impugnabile entro trenta giorni dall’adozione, o dalla comunicazione per gli assenti.
La violazione di tali regole determina l’annullabilità dell’assemblea che però può essere chiesta, entro 30 giorni dalla ricezione del verbale, solo dal condomino interessato e non da quelli invece regolarmente convocati.
Allontanamento dei condomini
Se un condomino si allontana dall’assemblea, dopo che la seduta è stata dichiarata validamente aperta, ciò fa venir meno il numero legale per la costituzione dell’assemblea?
No, in quanto conta esclusivamente il momento in cui avviene la verifica del numero legale (Cass. 89/67). Se, inoltre, il condomino si allontana prima del voto, dichiarando di rimettersi alla maggioranza, ai fini del relativo calcolo il suo voto non può essere considerato, poiché è solo il momento della votazione a determinare la fusione della volontà dei singoli condomini che contribuiscono a dare vita alla delibera (Cass. 1208/99). Parimenti, non è concesso neanche allontanarsi anticipando all’assemblea il proprio voto su una delibera ancora da trattarsi (Cass. 4225/85).
Sanzioni per chi viola il regolamento
Per le infrazioni al regolamento può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino a 200 euro (fino a 800 in caso di recidiva). La somma è devoluta al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie. La sanzione può essere applicata solo se prevista prima da una norma del regolamento, norma che deve anche autorizzare l’amministratore a infliggere la multa.
Antenne
Può il singolo condomino installare un’antenna parabolica sull’edificio? Il singolo condomino ha il diritto di servirsi del balcone, della terrazza, del tetto, o di qualunque parte comune dell’edificio per impiantarvi l’antenna che serva al funzionamento della sua televisione, anche se il condominio sia già munito di un’antenna condominiale o anche in presenza di una delibera assembleare che ne vieti l’installazione (Cass. 5399/85). Tale diritto non costituisce una servitù di passaggio a carico del condominio. Si tratta piuttosto di un diritto di natura personale che spetta a chiunque abiti nello stabile e sia utente radiotelevisivo (Cass. 2160/71).
Tuttavia, chi installa l’antenna non deve pregiudicare la destinazione del tetto o del lastrico solare e, comunque, non deve recare danni alla proprietà comune o di terzi. Se l’installazione dell’antenna provoca danni alle parti comuni o al decoro architettonico dell’edificio, l’amministratore deve intervenire e far rimuovere la causa del danno.
Il regolamento può prevedere un divieto d’installare antenne autonome, purché abbia natura contrattuale.
Come si ripartiscono i costi relativi all’ascensore?
Secondo l’art. 1124 c.c. (qui applicabile per analogia), le scale sono mantenute e ricostruite dai proprietari dei piani a cui servono e la spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l’altra metà in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo. In materia di ascensore, dunque, il citato art. 1124 c.c. troverà applicazione per le riparazioni inerenti la forza motrice, la manutenzione ordinaria, la sostituzione delle funi ed in genere per la piccola manutenzione (Cass. 5479/91, 165/96).
Diversamente, per le spese straordinarie, quali la ricostruzione dell’impianto, la sostituzione della cabina o delle porte ai piani, si avrà una ripartizione secondo i millesimi di proprietà, in quanto tali spese prescindono dal maggior uso. Analogamente si procederà per gli oneri relativi agli adeguamenti alla normativa comunitaria.
Tale criterio legale può essere derogato da una convenzione tra tutti i condomini o da un regolamento condominiale contrattuale che stabilisca l’esenzione totale o parziale, in favore di alcuni condomini, dall’obbligo di partecipare alle spese per l’ascensore (Cass. 3944/2002). Il regolamento può anche prevedere, in allegato, delle diverse tabelle millesimali, appositamente per le spese dell’ascensore.
Balconi e terrazzi
Vediamo chi deve provvedere alle spese occorrenti alla manutenzione e al rifacimento del balcone. Queste gravano sul proprietario dell’appartamento le spese inerenti al proprio balcone, con l’esclusione di quelle relative agli elementi decorativi (per es. rivestimenti) se destinate all’abbellimento della facciata nel suo insieme e non del singolo balcone (circostanza da valutarsi casisticamente); in tal caso, infatti, le spese sono a carico del condominio (Cass. 12792/92). A queste ultime devono contribuire anche i condomini privi di balcone.
Non si può impedire al condomino di stendere i panni dal terrazzo perché contrario al decoro architettonico a meno che sia vietata dal regolamento di condominio contrattuale o dal regolamento di polizia urbana (Trib. Milano 27/09/65).
È tuttavia illegittimo sciorinare i panni sgocciolanti sul cortile condominiale.
L’assemblea, inoltre, non può vietare di stendere panni su una terrazza condominiale destinata esclusivamente a copertura di edificio, potendo ogni condomino servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione (Trib. Milano 14/01/91).
Si può installare un condizionatore d’aria sul muro condominiale?
Si, rientrando tale facoltà fra gli usi consentiti della cosa comune e, pertanto, non essendo necessaria l’autorizzazione dell’assemblea. Se però, per le dimensioni dell’impianto o per l’ubicazione e le caratteristiche dell’edificio, si ha ragione di temere che ciò potrebbe determinare un’alterazione del decoro architettonico, è consigliabile trasmettere all’amministratore un disegno della parte visibile, affinché lo sottoponga all’assemblea, per l’approvazione o l’introduzione di eventuali modifiche. Infatti resta fermo comunque il divieto di innovazioni che alterino il decoro architettonico dell’edificio. Tale circostanza va valutata casisticamente, tenendo altresì conto dell’estetica preesistente dell’edificio stesso.
Lavori alla facciata
Se si scrosta la parete di un muro esterno dell’edificio, in corrispondenza del balcone di proprietà di un condomino, le spese per l’intonaco sono condominiali o competono al singolo condomino?
I muri perimetrali sono di proprietà di tutti i condomini, indipendentemente dal fatto che le rispettive proprietà esclusive siano a confine con questi muri. Anche nel caso in cui un muro portante appartenga in proprietà esclusiva ad uno solo dei partecipanti al condominio, essendo esso comunque indispensabile per l’esistenza dell’edificio, con la proprietà esclusiva del singolo concorre una comunione di godimento in favore di tutti coloro i quali, nell’edificio, sono titolari della proprietà solitaria dei piani o delle porzioni di piano.
Ne consegue che tutti i condomini, anche quelli che non hanno aperture, sono tenuti a contribuire alle spese per la conservazione del muro e della facciata, in ragione delle rispettive quote di millesimi (Cass. 1154/96). Se tuttavia l’intervento comporta, per es., anche la riparazione o la posa in opera di pannelli aventi, oltre che funzione ornamentale, anche funzione protettiva delle abitazioni, si è ritenuto applicabile l’art. 1123, secondo comma, c.c., che ripartisce la spesa a seconda dell’uso che ciascuno può farne (Cass. 13655/92). Pertanto bisognerà in tal caso stabilire la quota di spesa attinente all’aspetto esteriore della facciata (da ripartirsi tra tutti i condomini) e quale, invece, la quota di spesa attinente alla funzione di coibentazione dei pannelli (da ripartire tra i soli condomini che ne traggono direttamente utilità).
Che fare se un condomino compie un’opera abusiva nel suo appartamento?
Se il condomino non ha ottenuto l’autorizzazione amministrativa, entra in gioco l’art. 1130 c.c. che impone all’amministratore di “compiere gli atti conservativi inerenti le parti comuni dell’edificio”. Pertanto, quest’ultimo può agire per il ripristino dello status quo, a prescindere da eventuali delibere assembleari. Solo le deliberazioni che concernono le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore devono essere prese con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edificio. In tal senso si esprime con numerose pronunce la Cassazione (Cass. 6190/01; 6593/86), per la quale “l’amministratore può proporre azione petitoria o possessoria, ovvero chiedere provvedimenti cautelari contro i condomini di un edificio, per la rimozione di opere da questi eseguite, che siano lesive del possesso o del godimento di altri condomini sulla cosa comune, o, comunque, pregiudizievoli della destinazione o dell’estetica della stessa. E ciò senza la necessità di autorizzazioni assembleari, atteso che integra un atto conservativo dello stato di fatto o dei diritti inerenti alle cose oggetto di comproprietà”. Resta, in ogni caso, il diritto di ciascun condomino ad adire autonomamente le vie legali per la demolizione ed il ripristino dello stato precedente.
Se, invece, il condomino abbia ottenuto il condono, legalizzando così la propria opera abusiva, la regolarizzazione urbanistica non pregiudica un’eventuale azione diretta da parte degli altri condomini. Infatti, l’eventuale concessione in sanatoria reca sempre la dicitura “salvi i diritti di terzi”. Per cui, se le opere deturpano l’aspetto estetico della facciata dell’immobile, arrecando danno economico ai condomini (che vedrebbero svalutare la loro proprietà), si può intraprendere un’azione di manutenzione, diretta a tutelare il decoro architettonico dell’edificio comune (Cass. 4474/87; 1587/72). Per di più, ad agire può essere tanto il condominio, quando ogni singolo condomino (Cass. 8531/94).
Ci vuole l’approvazione dell’assemblea per doppi infissi o inferriate?
Le cornici, il colore ed ogni altro elemento decorativo degli infissi e delle finestre di facciata sono, di regola, destinati a fornire ed assicurare armonia estetica e decoro all’edificio. Pertanto, sono legittime le modifiche eseguite nel rispetto dell’uniformità di stile e delle eventuali disposizioni in materia del regolamento condominiale.
In quanto ininfluente ai fini del decoro architettonico, l’apposizione di doppi infissi non richiede apposita approvazione dell’assemblea, a meno che ciò non sia richiesto dal regolamento condominiale. Tale attività, peraltro, non è neanche sottoposta ad autorizzazioni amministrative.
Altrettanto dicasi per le inferriate, ma, in questo caso, solo qualora non arrechino pregiudizio al decoro architettonico dell’immobile. L’installazione, infatti, di inferriate alle finestre, a scopo di sicurezza, è stata ritenuta legittima anche dalla giurisprudenza (C. App. Milano 14/04/89), la quale ha precisato che, quand’anche l’opera cagionasse un pregiudizio economicamente valutabile, rispetto ad esso dovrebbe prevalere l’interesse alla sicurezza del condomino. Occorre, comunque, rispettare il decoro architettonico della facciata, tenendo conto che la violazione comporta necessariamente una svalutazione economica dall’edificio e che esso va preservato se ed in quanto non sia già stato manomesso da precedenti interventi dei condomini o del condominio (Cass. 16098/03).
In ogni caso, il diritto al mantenimento del decoro architettonico appartiene a ciascun condomino ed è un diritto non soggetto a prescrizione. La violazione del decoro va valutata caso per caso, in relazione al tipo di stabile (Cass. 1025/04).