
La responsabilità penale per il reato di abusivismo può essere di tipo oggettivo? Chi non ha partecipato ai lavori e non ne era a conoscenza può essere condannato?
Immagina di aver ottenuto, in eredità da tua madre, metà della casa ove questa viveva e che l’altra quota sia andata a tuo fratello. Poiché questi ha sempre convissuto con i genitori, decidete di comune accordo che sia lui ad abitare l’immobile, preoccupandosi delle tasse e di tutte le spese ad esso inerenti. Nel tempo, tuo fratello effettua alcune modifiche all’interno e all’esterno dell’immobile, ma per alcune di queste non richiede la necessaria licenza edilizia al Comune. Insomma, commette un abuso edilizio. Abuso che non passa inosservato alla polizia municipale la quale, dopo una segnalazione, avvia il procedimento di contestazione dell’illecito e ne informa le autorità preposte. Ora ti trovi invischiato in una vicenda per la quale non hai colpa. Difatti la Procura della Repubblica ti ha inviato, in qualità di comproprietario, un rinvio a giudizio per l’illecito commesso da tuo fratello e su cui – a dire del pubblico ministero – avevi l’obbligo di vigilare. Come puoi essere assolto per una condotta che non hai commesso? Il comproprietario di un immobile abusivo è responsabile?
La stessa questione, da un punto di vista giuridico, si può porre anche in un altro tipico caso dei nostri giorni. Immagina che il proprietario di una casa, su cui ha realizzato delle opere abusive, deceda e lasci, come unica erede, la moglie. Quest’ultima, che non ha mai badato alle questioni burocratiche dell’immobile, si trova sul più bello a dover affrontare un processo penale per l’abusivismo commesso a suo tempo dal marito e di cui non era partecipe né consapevole. Anche in questa situazione il quesito è il medesimo: il comproprietario di un immobile abusivo è responsabile?
La questione è stata decisa dalla Cassazione [1] con una recente e interessante sentenza. Vediamo cosa hanno detto i giudici supremi in questa occasione.
Le sanzioni per l’abuso edilizio
Chi commette un abuso edilizio è tre volte responsabile.
Da un punto di vista penale, chi ha eseguito l’opera senza richiedere le autorizzazioni amministrative (laddove necessarie) commette un reato per il quale può essere processato non oltre quattro anni da quando ha ultimato la costruzione. Se riceve un rinvio a giudizio il termine diventa di cinque anni. Il procedimento culmina con la condanna, l’applicazione delle sanzioni penali e l’ordine di demolizione.
Da un punto di vista amministrativo, il titolare dell’immobile (che quindi potrebbe essere anche un soggetto diverso da chi ha eseguito l’opera abusiva, come nel caso di successiva vendita) subisce l’ordine di demolizione. A differenza della condanna penale, quest’ordine non va mai in prescrizione e può essere impartito in qualsiasi momento. La presentazione di una domanda di concessione in sanatoria non blocca l’ordine di demolizione a meno che non vi siano valide ragioni per ritenere che l’istanza presentata dal proprietario venga tempestivamente accolta dal Comune (di tanto abbiamo già parlato nell’articolo Ordine di demolizione di abuso edilizio con sanatoria in corso).
Infine ci sono le conseguenze civili. Queste possono essere di vario tipo. Ad esempio, se l’abuso arreca un danno al vicino di casa, questi può chiedere – in un processo civile – non solo la demolizione della costruzione ma anche il risarcimento del danno. Se invece la casa con l’abuso viene venduta e il compratore non viene reso edotto dell’irregolarità il contratto può essere “sciolto” con obbligo a risarcire anche i danni (di tanto abbiamo parlato nell’articolo Si può vendere un immobile con abuso edilizio?)
La responsabilità del comproprietario per l’abuso edilizio
La responsabilità civile e amministrativa per l’abuso edilizio spettano al proprietario della costruzione, a prescindere dal fatto che questi sia o meno l’artefice dell’illecito. Per cui se Romolo, iniziale proprietario di un appartamento, realizza una veranda senza la licenza edilizia e poi vende l’immobile a Ginevra, quest’ultima potrà ricevere l’ordine di demolizione, né potrà vendere se non ha prima informato dell’irregolarità il futuro acquirente.
Al contrario, la responsabilità penale è sempre personale: significa che nessuno può essere chiamato a rispondere per un illecito che hanno commesso altre persone. Ci sono delle eccezioni: è il caso di chi ha una posizione di garante o ha l’obbligo di impedire che un dato fatto venga commesso. Ad esempio, il genitore è responsabile dei reati commessi dal bambino piccolo su cui ha il dovere di vigilare.
Ritornando al problema della possibile corresponsabilità del comproprietario di un immobile con un abuso edilizio, bisogna comprendere se a questi possa essere attribuita una funzione di supervisore degli illeciti commessi dall’altro comproprietario per estendere su di lui le conseguenze penali del reato.
Ecco a riguardo cosa ha detto la Cassazione. La Corte coglie l’occasione per ripercorrere l’attuale posizione della giurisprudenza in tema di responsabilità del proprietario e/o comproprietario non committente delle opere abusive.
Il comproprietario che non ha commissionato le opere abusive non ne è responsabile penalmente solo perché vanta una quota in comproprietà sul bene oggetto dei lavori, né va punito per non avere vigilato sul rispetto della normativa edilizia. La sua responsabilità dovrà semmai essere dedotta da ulteriori indizi, da prove certe che dimostrino la sua compartecipazione – materiale o anche solo morale – nel reato. In altre parole bisogna dimostrare che il comproprietario era consapevole degli abusi e li ha consentiti. Nell’esempio dei due fratelli si potrebbe verificare tale situazione se chi ha eseguito i lavori ha prima chiesto l’autorizzazione all’altro o se quest’ultimo era presente nel momento in cui sono state realizzate le opere o ha utilizzato l’immobile.
Le ragioni che hanno spinto la Cassazione a pervenire a tale soluzione sono semplici: la nostra legge mal tollera le ipotesi di responsabilità penale oggettiva; di conseguenza la colpevolezza deve necessariamente essere preceduta dalla presenza di indizi sintomatici di un contributo penalmente rimproverabile, quantomeno a titolo di colpa.